ALTARE
L’altare della chiesa di S.Andrea si ispira all’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani raccontato da Giovanni 6. Gesù è seduto al centro su una pietra, in ginocchio davanti a lui il discepolo Andrea nell’atto di porgere un cesto con dei pani e dei pesci. Tutto intorno la folla, in mezzo alla quale ha una posizione di rilievo l’anonimo generoso donatore e alcuni apostoli.
Gesù seduto al centro è il maestro che parla e insegna e con la sua parola diventa nutrimento di coloro che ascoltano. La sua parola non è solo suono o concetto, coincide con la sua stessa persona: è carne e sangue e ora sta per diventare pane. Chi mangia di questo pane non conoscerà la morte. L’artista l’ha fissato con la bocca appena socchiusa come se Gesù non avesse bisogno di proferire parola. Del resto la Parola non ha bisogno di parole.
Andrea in ginocchio guarda il volto e le labbra del Maestro. Il tuo volto Signore io cerco, sembra dire. Ma anche: ecco tutto quello che abbiamo, due pani e cinque pesci. Poca cosa di fronte ai bisogni di tante persone. Se puoi fai qualcosa! Andrea ha le maniche rimboccate, presagio del lavoro che con gli altri undici dovrà fare per recuperare i cesti con gli avanzi, ma anche espressione di tutti i lavoratori che con il proprio lavoro collaborano a produrre pane e vino, materia indispensabile per la celebrazione dell’Eucarestia. Le braccia di Andrea sembrano continuare quelle del ragazzo che gli sta dietro. E’ lui che ha messo a disposizione le cose che si era portato da casa. Gli evangeli non ce ne tramandano il nome; così può avere qualsiasi nome, anche il nostro nella misura in cui mettiamo a disposizione qualcosa.
Sono riconoscibili altri due apostoli, Pietro alla sinistra di Gesù: col braccio sospeso trattiene la folla ed invita al silenzio. Alle spalle di Gesù, Giovanni. E’ ritratto nell’atto di girarsi. Forse stava parlando con qualcuno, forse sta facendo semplicemente da scudo a Gesù, per difenderlo dalla calca che lo circonda. Anche lui avverte che sta per succedere qualcosa e si gira. Ai lati del paliotto i due gruppi di donne catturano l’attenzione. Sono le più vicine a Gesù, insieme agli apostoli. Le due a sinistra sembrano l’icona della contemplazione. Sedute sui talloni, le braccia rilassate, osservano ogni cosa e, come Maria Madre di Gesù, la serbano gelosamente in cuore. A destra la donna che stringe a sé i figli sembra l’icona della compassione e della misericodia. Queste figure sono quasi in altorilievo. A questo punto il cerchio che si è creato intorno a Gesù e ad Andrea include anche l’assemblea che sta celebrandoi l’Eucarestia. Queste donne sono le ultime figure del bassorilievo e nello stesso tempo le prime persone dell’assemblea.
Il vero centro della raffigurazione è il canestro con i pani e i pesci. In realtà non sappiamo come siano stati presentati il pane e il pesce, se su un canestro o in qualche altro contenitore. Sicuramente gli evangeli parlano di canestri utlizzati per la raccolta e la conservazione dei pani avanzati, ma anche in questo caso più che oggetti effettivamente usati, i canestri potrebbero indicare unità di misura corrispondenti alla quantità di pane avanzato. Comunque sia, nel bassorilievo questo particolare è quanto mai opportuno perchè risulta speculare alla patena che sulla mensa dell’altare accoglie il pane consacrato che per la preghiera della Chiesa diventa Cristo morto e risorto per noi. Anche il pesce è un simbolo di Cristo perchè le singole lettere della parola greca formano una frase che vuol dire: Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore. Il linguaggio allusivo dell’arte diventa così finestra aperta al mistero.
Un’ultima osservazione sulla tecnica dello stiacciato, che si ispira a Donatello. L’artista comprime le figure centrali sul piano di fondo e via via che procede verso il primo piano proporziona ad esse le altre figure, fino all’altorilievo delle figure laterali e di quelle di Gesù e di Andrea, che quasi sembrano uscire dal piano. Anzitutto notiamo che le figure compresse si deformano, acquistando in larghezza ciò che perdono in volume. Attraverso questa deformazione si esprime una sofferenza, uno spasimo che ha tutto lo spessore della fame di pane e di verità che ha portato questa gente a seguire Gesù. Senza quel desiderio sentito e sofferto la nostra partecipazione all’Eucarestia diventa sterile e vuoto ritualismo.
Don Roberto Ravazzolo
qui puoi scaricare il libretto della celebrazione della dedicazione dell’altare
CAPPELLA DI LOURDES
L’8 Dicembre 1854 a Roma il Papa Pio IX proclamava ufficialmente l’Immacolata Concezione di Maria. Con la definizione di questa verità il Papa additava alla Chiesa un segno luminoso: Maria, la Madre di Gesù, ripiena di Spirito Santo, fin dal suo concepimento era stata totalmente preservata dal peccato.
L’11 febbraio 1858 Maria si manifestò come l’Immacolata a Bernardetta Soubirous nella grotta di Massabielle negli alti Pirenei, per ben 18 volte fino al 16 luglio quasi a confermare il dogma attraverso la bocca di una fanciulla semplice e poco istruita e quindi di sopra di ogni sospetto, e per continuare a proporre alla Chiesa e al mondo l’invito alla preghiera e alla conversione contenuto nel Vangelo.
Celebrando ogni anno con particolare devozione nella nostra cappella di Lourdes l’anniversario di quelle apparizioni lodiamo Dio per il candore, la generosità, la bellezza che risplendono nell’Immacolata.
CRONISTORIA GROTTA DI LOURDES
Nel 1884 diventa parroco DON DOMENICO PIANARO (1884 – 1910), figura importantissima per la vita della nostra comunità sotto il profilo religioso, umano e sociale. Fu ispiratore e fondatore della Cassa Rurale, a lui si deve la costruzione dell’attuale chiesa, del campanile e della canonica. Fu promotore della banca musicale, tutt’ora operante a S.Andrea. Tutte queste attività non lo distolsero comunque dalla sua missione di pastore di anime e sicuramente la devozione alla Beata Vergine di Lourdes fu da lui ispirata. Già dal 1886 esiste in centro del paese un capitello, ora spostato davanti alla scuola dell’infanzia, con la statua della Madonna a vigilare e proteggere i viaggiatori. Fu dunque grazie a don Domenico Pianaro se il culto della B.V. si diffuse all’interno della nostra comunità. A lui va il merito se la nostra chiesa (sembra la prima in Italia) è stata dedicata nel 1905 alla beata Vergine di Lourdes, con decreto del cardinal Callegari, vescovo di Padova, conservato nell’archivio parrocchiale. Con la morte improvvisa di don Domenico Pianaro avvenuta nel 1910, non si era ancora concretizzato il suo sogno di costruire una cappella dedicata alla B. V. di Lourdes.
Il suo successore DON GIOVANNI BATTISTA MARZAROTTO (1911 – 1920) mantenne vivo il culto della B.V. al punto da far diventare la data dell’11 febbraio una delle massime festività al pari del Natale e della Pasqua, portando tra l’altro la comunione agli infermi e ammalati in forma solenne e in corteo. Probabilmente la sua salute precaria e i tristi e tragici eventi di quegli anni (I Guerra Mondiale) non gli permisero di realizzare il sogno del suo precedessore, ma sicuramente durante il suo servizio pastorale fu redatto il progetto della nuova cappella.
Questa opera fu realizzata dal suo successore DON MASSIMILIANO BERTIN (1921 – 1958) altra figura determinante di pastore che dotò la nostra chiesa di numerose opere. Don Bertin era un appassionato devoto della Beata Vergine di Lourdes. Nel corso della sua vita fu più volte pellegrino nel luogo delle apparizioni. L’11 febbraio del 1922, mons. pietro Prevedello per delega di mon. Pelizzo vescovo di Padova, inaugura e benedice l’artistica grotta di Lourdes opera del “celebre artista” Ravasio Guelfo di Bergamo.
Nel 1998 l’allora parroco DON ALDO ZORZI incaricò l’architetto Fernando Dotti di redigere un progetto per rendere più funzionale ed accogliente la cappella. Il restauro fu possibile grazie alla generosità della famiglia Roncato Mazzarolo Palmira e del figlio Gianni.
Nel 1999 la cappella si arricchisce di un pregievole affresco rappresentante l’annunciazione opera del maestro Clauco Benito Tiozzo offerto dalla famiglia Boldrin Anselmo.
AFFRESCO ANNUNCIAZIONE
Il dipinto raffigura l’annunciazione della Beata Vergine e viene concepito secondo linee diagonali che portano lo sguardo di chi lo osserva da una figura dinamica, l’angelo, ad una statica: la Vergine. Al centro del dipinto, come nel quadro dei Santi Andrea, Giacomo e Filippo, ritroviamo la chiesa attuale. Esiste un filo diretto tra la pittura del Tiozzo e quella del Tiepolo ed, ancor prima, con le grandi composizioni del Tintoretto. Nell’angelo annunciante dell’affresco di S.Andrea, si ritrovano intatti, come nella scuola veneta, il dinamismo e la sinergia che pervadono le figure, elementi tipici delle composizioni del Tintoretto. Nella pittura del grande maestro veneto del cinquecento, dei Tiepolo nel settecento ed in quella contemporanea del Tiozzo, gli angeli glorificanti sono come nuvole di luce che illuminano e fanno vibrare tutta la composizione pittorica. Con l’affresco del Tiozzo, sicuramente la comunità di S.Andrea si arricchisce non solo di un opera d’arte, ma ha anche il privilegio di possedere un’immagine che riflette gran parte della cultura veneta del secondo millennio. (Fernando Dotti, architetto)
PALA DI S.ANDREA
E’ motivo di tanta gioia per noi di S.Andrea avere avuto la fortuna di scoprire sotto la crosta, vecchia e tanto brutta, della pala d’altare di S.Andrea l’antico dipinto che ornava la vecchia chiesa, demolita alla fine dell’ottocento. Tante volte mi sono soffermato davanti all’altare maggiore della vecchia chiesa per ammirarne le linee classiche, l’armonia dei colori e, osservando la pala, mi domandavo: “Come spiegare l’aver messo assieme un piccolo gioiello d’arte con una bruttura del genere?
Durante i lavori di restauro della chiesa mi è venuto il sospetto che sotto ci fosse l’antico dipinto. Da qui la decisione di affidare ad un esperto di restauro, il sign. Walter Piovan, l’incarico di fare un sondaggio per vedere se sotto la crosta ci fosse il dipinto originale. Fatto il sondaggio, è apparsa una mano, quella dell’Apostolo S.Andrea. Da questa scoperta l’incarico di riportare alla luce il dipinto.
Quando l’ho visto per la prima volta ne sono rimasto estasiato. Ho pensato che anche S.Andrea finalmente poteva avere, nella sua chiesa restaurata, una pala d’altare bella e dignitosa. Il dipinto con il suo disegno e il suo colore non solo è ornamento della chiesa di S.Andrea, ma anche ricordo di una cultura che non si deve spegnere.
(Don Aldo Zorzi – La Pala di S.Andrea – 16 dicembre 1994)